L’acquacoltura, tecniche e sostenibilità.
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La pratica dell’acquacoltura affonda le sue radici in tempi molto lontani.
Le testimonianze più antiche risalgono infatti alle dinastie cinesi ed egiziane che hanno tramandato poi l’usanza ai romani e agli etruschi.
Già allora si svolgeva con dedizione allevamento di pesci, catturati in mare o in acqua dolce per avere esemplari da riprodurre. Questo permetteva di avere sempre prodotti freschi da consumare nel contesto domestico o nei banchetti.
Oggi l’acquacoltura non è meno importante, e il ruolo che storicamente ha ricoperto si rinnova, abbracciando nuove considerazioni. E’ un’attività, infatti, che rappresenta un’importante risorsa alimentare ed occupazionale.
Permette di contrastare lo sfruttamento delle risorse ittiche naturali, può sostenere l’offerta in funzione di una domanda in continuo aumento a causa della crescita della popolazione, può essere uno slancio per l’economia dei paesi produttori, soprattutto del terzo mondo.
Per ciò che concerne le tecniche dell’acquacoltura bisogna dire che sono varie.
E’ necessario innanzitutto distinguere tra l’acquacoltura a tecnologia avanzata, propria dei paesi più industrializzati, e l’acquacoltura rurale, ampiamente diffusa nei paesi sotto sviluppati o in via di sviluppo, dove il ciclo di produzione è di entità molto modesta.
Ma è anche l’ambiente a fare la differenza. Le attività di allevamento si adeguano al contesto circostante. Si distingue così tra acquacoltura marina, che richiede meno investimenti per gli impianti, e acquacoltura di acqua dolce.
Infine, in relazione agli organismi acquatici allevati si parla di molluschicoltura (allevamento di molluschi), piscicoltura (allevamento di specie ittiche), alghicoltura (allevamento di alghe), crostaceicoltura (allevamento di crostacei).
Differenze sostanziali si riscontrano in base all’intervento dell’uomo.
Nell’acquacoltura di tipo estensivo l’allevatore non somministra cibo dall’esterno, ma interviene controllando il flusso delle acque. L’equilibrio naturale viene preservato, la densità del pesce è bassa e possono coesistere due o più specie con abitudini alimentari non competitive. E’ quello che viene attuato principalmente nelle lagune costiere, intese come “valli di pesca”, e da qui il nome vallicoltura.
In Italia è sempre più diffuso il metodo intensivo dove l’apporto dell’uomo è fondamentale. Innanzitutto perché è lui a somministrare il cibo, naturale o industriale, della tipologia e nella quantità più idonea al pesce allevato, all’interno di vasche in cemento o terra. In questo caso le superfici sono più limitate, la densità del pesce aumenta. Ad aumentare sono anche i costi ma in cambio migliora il controllo di condizioni igieniche, temperatura, salinità, acidità e ossigenazione.
Esiste infine l’acquacoltura iperintensiva dove l’acqua viene continuamente rinnovata e controllata, i mangimi sono industriali.
Anche in Sicilia alcuni imprenditori hanno avviato progetti di acquacoltura morderni e sostenibili. Nell'ambito del progetto “Mare Ricco Siciliano – il pesce come opportunità di crescita e sviluppo territoriale” (Finanziato dal Dipartimento della pesca mediterranea – Assessorato regionale dell'agricoltura, dello sviluppo rurale e della pesca mediterranea – Regione Sicilia - Reg Misura 5.68 Misure a favore della commercializzazione - Interventi a titolarità PO FEAMP 2014-2020) le telecamere di OndaTv sono andate a Caronia nell'azienda agricola "Acquacoltura" di Salvatore Contino. Segui lo speciale su OndaTv e OndaTv giovani e sui social media del gruppo Comunicare24
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